Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
Sulla pietra o sull'acqua
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 270, p. 3
Data: 13 novembre 1955


pag. 3




   Le leggi di Mosè, le gesta dei Faraoni, le sentenze di Confucio furono incise in tavole di pietra. Ma negli stessi secoli fu adoprata, nella Mesopotamia, per narrare le storie degli dei e dei monarchi, una materia meno nobile e duratura, cioè il fango cotto. Altri popoli usarono via via altre materie: pelli di bue, foglie di papiro, tele e pergamene. Nei tempi più moderni vi fu chi scrisse con la punta di un pugnale sull'intonaco, o con la punta di un coltello sulla corteccia degli alberi, o con la punta di un diamante sui vetri di una finestra, ma oggi, a forza di scendere, siamo arrivati a una delle materie più vulnerabili alle offensive del tempo. La nostra carta, composta in massima parte di pasta di legno, marcirà e si dissolverà in modo che tra qualche secolo i nostri libri non saranno più che polverume muffoso.
   Un giorno lontano, in una piazza di Gerusalemme, il Figlio di Dio scrisse in terra, sulla polvere. Molti secoli dopo un poeta che era venuto a morire a Roma, disse che il suo nome era scritto sull'acqua. La polvere e l'acqua sembrano le materie meno adatte a conservare i segni del linguaggio, eppure noi sappiamo che le parole di Cristo non passeranno e sappiamo che i nomi dei poeti, che seppero parlare ai cuori degli uomini, non saranno dimenticati. Un soffio di brezza basta per cancellare ciò che fu scritto sul reniccio della piazza e sull'acqua della vasca, ma, per grazia dello Spirito, quelle due pagine sono apparse le più degne di ricevere le parole del Figlio dell'Uomo e il nome immortale d'un nipote degli dei.


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